L’andamento della produzione e le aspettative della nuova società avevano intanto convinto Rinaldo a cercare nuovi impianti. Rinaldo vede l’opportunità di costruire motori aeronautici e nel 1924 acquista a Pontedera lo stabilimento Costruzione meccaniche nazionali, piccola officina nata prima della grande guerra dalla sezione motoristica del locale Consorzio agrario. In una collocazione fortemente ancorata sull’economia dominante del territorio, vale a dire l’attività agricola, l’imprenditore ligure provoca la prima grande trasformazione della zona e inizia subito la produzione di motori Jupiter, su licenza Gnôme et Rône, licenza acquisita per 1 milione di lire. Rinaldo è ormai uno tra i pochi e rappresentativi imprenditori italiani nel settore aeronautico, ne è protagonista e nel 1926, assieme a qualche altro pioniere del trasporto aereo, fonda la SANA, Società Anonima di Navigazione Aerea, compagnia che promuove la prima linea aerea italiana per il trasporto dei passeggeri.
L’acquisizione dello stabilimento di Pontedera è un passaggio estremamente significativo nella storia di Piaggio e rappresenta un nuovo consolidamento dell’azienda.
Il 9 marzo 1925 Rinaldo – intendendo ottimizzare gli investimenti appena compiuti ed espandere la propria attività nelle costruzioni per automobili – lavora per costituire una nuova società con Mario Tolomei di Firenze per la Costruzione Automobili De Dion Bouton e Motori Jupiter. La sua quota è data dal valore dello stabilimento di Pontedera, iscritto a registro per 3 milioni di lire. Il progetto è ambizioso, ma l’accordo con Tolomei non si conclude e Pontedera rimane l’unità per la produzione di motori aeronautici, dove fra pochi anni giungeranno nuovi importanti ingegneri, tra i quali Corradino D’Ascanio.
La Piaggio nel 1924 ha i propri stabilimenti a Sestri Ponente, Finalmarina, Pisa e Pontedera, ma possiede e amministra aziende forestali nella Maremma (Montalto di Castro, Santa Barbara, Sant’Agostino) e nell’agro romano (Sezze Romano). Si tratta di unità produttive funzionali alla fornitura di carbone e alla produzione del legname necessario per le costruzioni ferroviarie.
La nuova fase espansiva dei primi anni venti porta i due soci ad aumentare il capitale sociale che da 15 passa a 30 milioni di lire nel 1930, per fronteggiare coerentemente l’espansione produttiva.
Ma nuove inquietanti nubi compaiono all’orizzonte italiano e mondiale: sono gli anni in cui giungono i contraccolpi della grande crisi. La fase è tra le più critiche nella vita dell’azienda: seguono anni segnati dalla caduta delle commesse e dalla drastica contrazione della produzione. La risposta di Rinaldo alla crisi va nella direzione di potenziare ricerca e innovazione: accanto a Giovanni Pegna l’azienda acquisisce le competenze di altri geni dell’ingegneria aeronautica, come Giovanni Gabrielli (che nei mesi in cui lavora per Piaggio costruirà una delle prime moderne gallerie del vento italiane a Finale Ligure), Giovanni Casiraghi (il progettista del celebre Piog) e Corradino d’Ascanio (1891- 1981), il geniale inventore abruzzese, originario di Popoli, che, sottratto da Rinaldo alle attenzioni di Giovanni Agnelli, appena entra negli stabilimenti Piaggio progetta (1934) l’elica a passo variabile in volo.
Dagli elementi appena detti emerge come sia caratteristica di Rinaldo e quindi dell’azienda la ricerca costante e continua di competenze e tecnici in grado di condurre rapidamente a progetti innovativi. Rinaldo si circonda di tecnici ed ingegneri di valore elevato, come Pegna, Gabrielli, Casiraghi e Corradino d’Ascanio. Ingegneri ciascuno con una storia personale affascinante che danno contributi di grande rilievo all’affermazione ed allo sviluppo del settore aeronautico in Italia. Corradino d’Ascanio è l’inventore dell’elicottero e con tale specificità viene ricordato nella letteratura. Detiene per alcuni anni il record di durata e di altezza dell’elicottero (1930), quando ancora tale mezzo era completamente sconosciuto.
Dunque la storia della Piaggio è storia di creatività, di oggetti tecnici scaturiti dalla genialità innovativa, capaci di far superare all’azienda i difficili anni della grande crisi, quando il capitale sociale scende da 30 a 10 milioni di lire (16 dicembre 1932). La ripresa cammina sulle gambe e sull’ingegno di quegli ingegneri innovatori, come ora cammina su quella di uomini capaci di restare e soprattutto di crescere nel difficile mercato della globalizzazione.